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Laurence Caron-Verschave et Yves Ferroul,

Le Mariage d’amour n’a que 100 ans, Odile Jacob, mai 2015.



DOSSIER DE LA CRITIQUE PAR L'OSSERVATORE ROMANO


                             1- l'article de l'Osservatore Romano

                             2- la réponse des auteurs

                             3- les Catholiques et leur responsabilité dans l'évolution de la sexualité conjugale

                             4- la présentation du livre par les auteurs



L'ARTICLE DE L'OSSERVATORE ROMANO


Osservatore Romano, 17 septembre 2015

Di fronte alla continua serie di affermazioni errate

sul ruolo del cristianesimo e della Chiesa

nei confronti della costruzione della famiglia moderna

è sorprendente che nessuno

nel mondo cattolico

si muova per confutare le menzogne


A proposito di un libro sulla storia del matrimonio uscito in Francia

Tra banalità e informazioni distorte


di LUCETTA SCARAFFIA


Secondo l’opinione comune, condivisa anche da persone che dovrebbero avere un minimo di competenza culturale sull’argomento, il cristianesimo, ma in particolare la Chiesa cattolica, è il primo responsabile di tutti i difetti che si imputano alla famiglia tradizionale, cioè dell’oppressione delle donne e di una visione repressiva della sessualità. Solo la secolarizzazione, secondo questa visione ampiamente diffusa, avrebbe permesso la nascita di un legame di amore nella coppia, e soprattutto avrebbe consentito l’espressione erotica dei sentimenti che la uniscono.

Una prova di quanto sia diffusa questa teoria è un libro uscito recentemente in Francia, scritto da Laurence Caron-Verchave e Yves Ferroul, Le mariage d’amour n’a que 100 ans. Une histoire du couple (Paris, Odile Jacob, 2015, pagine 128, euro 17,90). Il testo consiste in un dialogo fra Ferroul, un esperto di sessuologia e storia della famiglia dalla preistoria a oggi, e una donna curiosa di imparare, che pone domande incentrate sul più vieto senso comune. Proprio per questo, naturalmente, il libro è molto interessante, anche perché costituisce uno dei tanti segnali di una crescente attenzione verso il tema della famiglia proprio alla vigilia del sinodo.

Ma prima di passare al contenuto del libro, occorre mettere in luce una grave carenza piuttosto diffusa nel mondo culturale cattolico  : di fronte a questa continua serie di informazioni errate sul ruolo del cristianesimo e della Chiesa nei confronti della costruzione della famiglia moderna, nessuno si muove per rispondere, per confutare e precisare cercando di impedire il dilagare di errori offensivi. Viene perciò il sospetto che molti, soprattutto in ambienti ecclesiastici, sappiano ben poco della storia della famiglia, e tanto meno del ruolo svolto in proposito dalla Chiesa, e che quindi, in fondo in fondo, pensino che quanto si sente ripetere sia vero. Cercano allora di controbattere a questa brutta immagine sfoderando quello che teologia e pastorale dicono sulla famiglia. Polemica che non coglie nel bersaglio, perché non tocca la realtà, e soprattutto non pone rimedio alla sua manipolazione.

Questa assenza di risposta è grave, perché si tratta di un attacco continuo alla Chiesa dello stesso tipo, e della stessa gravità, delle accuse ricorrenti sulla connivenza fra Pio XII e il nazismo, un attacco forse ancor più dannoso per i suoi effetti nella vita quotidiana di credenti e non credenti.

Ma torniamo alle tesi del libro, in sintesi. Per un tempo molto lungo, secoli e secoli, il matrimonio riguardava solo il lignaggio e la trasmissione dei beni. Nessun interesse per la coppia, né per i figli e per i sentimenti che univano il nucleo familiare. L’amore e l’eros già dalla cultura classica venivano considerati esperienze esterne al matrimonio, anzi da tenere lontane dai rapporti familiari che si basavano su legami considerati come più seri e duraturi. Bisognerà aspettare la fine del XIX secolo perché gli uomini possano considerare le donne come loro eguali e quindi degne di amore.


Secondo gli autori, anzi secondo l’“esperto” Ferroul, la Chiesa difende la famiglia e il matrimonio come elementi stabilizzatori della società, ed è contraria alle passioni che allontanano da Dio. Citazioni di Agostino e di qualche altro padre della Chiesa — probabilmente di seconda mano e tutte orientate a provare la demonizzazione della sessualità operata dal cristianesimo — non fanno che ribadire questo concetto, del resto ormai considerato ovvio. È nel dovere che consiste il legame fra gli sposi, sentimento incompatibile con l’amore e con l’amicizia.

Anche se già a partire dal XII secolo si ricorda che la Chiesa richiede il consenso degli sposi perché il matrimonio sia valido, il fatto che permanga in proposito il potere del capofamiglia sulle scelte nuziali le viene addebitato come colpa. Per di più, il concilio di Trento ha stabilito definitivamente lo statuto sacramentale del matrimonio  : un’evidente congiura contro la felicità.

Secondo il nostro esperto, solo i poveri possono vivere il lusso di una scelta coniugale, e vivere una coesistenza amorosa. Arriva poi la rivoluzione francese, che permette sì il divorzio, ma continua a considerare il matrimonio una struttura stabile, indifferente ai desideri dell’individuo.

Dopo avere inspiegabilmente sorvolato su Rousseau — il vero inventore dell’amore romantico — Ferroul attribuisce ai medici e ai moralisti di metà Ottocento la prima apertura alle aspirazioni amorose ed erotiche dei coniugi. Mentre la Chiesa si oppone, i cambamienti sociali e materiali, come la privazzazione degli spazi nelle abitazioni, permettono finalmente alla coppia di amarsi.

Ma la lotta si fa sempre più dura  : la fine del potere temporale spinge la Chiesa a trasferire la sua sete di potere sul controllo della famiglia, per cui «  tutto il resto diventa anormale, compresa l’omosessualità  ». Alla Chiesa viene pure attribuita un’enfasi eccessiva verso i figli e la procreazione, al solo fine di spegnere l’erotismo nella coppia. A questo punto, accetta perfino il matrimonio d’amore, a condizione che serva come antidoto all’emancipazione delle donne.

Nel Novecento secolarizzato la coppia finalmente si basa sull’amore coniugale, ma i due dialoganti nel libro devono ammettere che essa è divenuta molto più vulnerabile. Perché — sospettano — nessuno è disposto a fare i sacrifici necessari a rendere duratura la famiglia. C’è poi il problema dell’allungamento della durata della vita  : la convivenza passa da una media di nove anni a quella di decenni, e diventa più difficile. Si può rispondere a questa situazione proponendo impegni più tardivi, non più basati su contratti di lungo termine. Per esempio, si ipotizza una serie di impegni di coppia successivi: una coabitazione giovanile per ottenere l’autonomia  ; un matrimonio adulto per avere dei figli  ; un matrimonio della maturità per la soddisfazione sessuale  ; una coppia al tempo della pensione per non essere soli.

Per garantire una certa durata alla coppia attuale, sempre Ferroul propone un rimedio rivoluzionario  : e cioè «  introdurre la sessualità del bordello nella vita di coppia  ». Perché — conclude — ha «  l’impressione che la specie umana si stia evolvendo in una direzione positiva  » dal momento che ognuno ha «  la possibilità di trovare il suo posto e la sua felicità  ».

È evidente che quasi tutte le affermazioni di questo libro potrebbero essere smontate e confutate, e in primo luogo proprio dal punto di vista storico, cioè della realtà, ma il suo interesse consiste proprio nella sua banalità : leggendolo, si ha la misura esatta di cosa pensa la maggior parte delle persone — almeno in Europa — sulla famiglia. E di come quanto è stato elaborato sul tema da molta cultura cattolica non sia servito quasi a niente.

Prima di affrontare la realtà della vita delle famiglie con un nuovo stile apostolico — come si propone il sinodo — non sarebbe il caso di rispondere a tono a queste tesi fallaci, a queste manipolazioni della storia, e a ridare alla Chiesa il suo onore  ? Se non lo si fa, il rischio di non essere neppure ascoltati è molto alto.



LA RÉPONSE DES AUTEURS


Dans "l’Osservato Romano" du 17 septembre dernier, Lucetta Scaraffia, professeure d’histoire contemporaine à l’université de la Sapienza de Rome, spécialiste des questions féminines pour le Vatican, lance un cri d’alarme aux responsables catholiques : s’ils veulent réussir leur synode, s’ils veulent être entendus dans leurs propositions, ils ont d’abord le devoir de lutter contre la pensée qui domine en Europe et dénature le rôle historique de l’Église catholique, ainsi que sa contribution à la construction de la famille moderne.

 

Cette pensée est "un mensonge", écrit l’historienne, elle est faite "d’informations déformées", est proférée par des gens qui n’ont pas "un minimum de compétences culturelles", mais elle est l’objet d’une "grande diffusion" dont la preuve, selon Madame Scaraffia, est la publication de mon livre sur "Le Mariage d’amour n’a que 100 ans", co-écrit avec Laurence Caron-Verschave (éditions Odile Jacob, 2015).

 

La famille et le mariage appartiendraient aux catholiques ?

 

La virulence de ces propos est le signe que, pour le Vatican, l’enjeu du synode sur la famille est capital : il faut reprendre la main dans un domaine où les autorités catholiques savent être peu audibles, où la majorité des gens ne tiennent pas compte de leur avis pour décider de leurs choix de vie.

 

Mais la situation n’est pas propice à la discussion intellectuelle sereine. Le synode sur la famille est là, et il faut à tout prix reprendre la maîtrise du jeu : de quel droit certains se permettent-ils de parler du couple conjugal sans présenter l’Église catholique comme le moteur essentiel, voire unique, de son évolution ? La famille, c’est nous, les catholiques, et nous seuls, pense Madame Scaraffia, comme les manifestants contre le mariage pour tous s’indignaient que l’on change "leur" mariage, en s’appropriant sans vergogne une institution existant des millénaires avant Jésus.

 

L'Église court après l'évolution de la société

 

Mais, dans son récit de son expérience du synode ("Le Monde" du 27 octobre), la militante de la cause des femmes est bien amenée à reconnaître que l’Église catholique vient seulement "d’accepter que le mariage soit une vocation, à l’image de la vie religieuse", ce qui "est un grand pas en avant. Cela signifie que l’Église reconnaît le sens profond de l’Incarnation, qui a donné valeur spirituelle à ce qui vient du corps, et donc aussi à la sexualité considérée comme un moyen spirituel…".

 

En d’autres termes, ce que Madame Scaraffia explique, c’est que l’Église catholique vient seulement de reconnaître la valeur de la sexualité dans le couple, et donc qu’elle n’est pas le moteur du changement comme elle le revendique, qu’elle court après l’évolution de la société, qui s’impose à elle et la contraint à modifier son regard sur le couple.

 

Les catholiques ont tout perdu, ils se rabattent sur le couple

 

Les catholiques ont vu leur emprise sur la société européenne, et notamment française, se réduire comme peau de chagrin depuis la Révolution française, dans un mouvement qui s’accélère encore. Dans le domaine de l’explication du monde, ils ont tout perdu. Dans celui de la vie économique, ils n’ont pas de vision homogène. Ils se sont donc rabattus sur la famille, le couple, les enfants (la protection du mariage hétérosexuel, la nécessité d’un père et d’une mère, le refus de la procréation assistée…) ainsi que sur la défense de la Vie (contre la contraception, l’assistance à la fin de vie, la recherche sur les embryons…).

 

Et l’on vient leur prouver que la belle histoire qu’ils se racontent sur le couple est contestable, et que le couple d’aujourd’hui s’invente en dehors de leur influence ? Mais que nous reste-t-il, s’insurgent les catholiques ? Que va-t-il nous rester, si on continue à tout nous retirer ?

 

Eh bien ! L’Église catholique ne serait plus qu’une ONG, une centrale de bienfaisance, comme le dit le pape François dans une mise en garde.

 

Les responsables catholiques, définitivement à la traîne

 

Le synode est donc bien une machine de guerre pour faire oublier l’évolution du couple dans les sociétés occidentales, en occultant les changements profonds contemporains par la mise en lumière du cas des divorcés, qui monopolise toute la réflexion. Le grand problème de la famille aujourd’hui, c’est l’accueil des divorcés-remariés, tous les titres de journaux, télévisés ou papier, en témoignent !

 

Donc, oui, ces idées que les gens ont sur le couple, "majoritaires, du moins en Europe", sont particulièrement graves par leurs répercussions indubitables "sur la vie quotidienne de tous, croyants et non-croyants", comme le souligne Madame Scaraffia, pour qui elles sont même pires, pour "l’honneur de l’Église", que "les accusations récurrentes de la complicité de Pie XII avec le nazisme".

 

Elles mériteraient donc bien mieux que cet article de "l’Osservatore Romano" : une étude systématique de leurs justifications, et un exposé clair des objections qui peuvent leur être faites. C’est uniquement ainsi que les enseignants-chercheurs des universités peuvent apporter leur contribution à la réflexion de leurs concitoyens. Et Madame Scaraffia serait bien placée pour mener à terme ce projet, elle qui a vécu le synode de l’intérieur et y a repéré "des camps distincts, entre ceux qui veulent changer les choses et ceux qui veulent simplement défendre ce qui est".

 

Elle est assez cruelle dans ses portraits : "Le camp des conservateurs assure aux pauvres fidèles que suivre les normes n’est pas un fardeau inhumain parce que Dieu nous aide par sa grâce. Ils ont un langage coloré pour parler des joies du mariage chrétien, du 'chant nuptial', de 'l’Église domestique', de 'l’Évangile de la famille' – en somme, d’une famille parfaite qui n’existe pas… Peut-être qu’ils y croient. En tout cas, je ne voudrais pas être à leur place". Madame Scaraffia ne se laisserait donc pas abuser pas leurs précautions de langage et saurait leur rappeler l’exigence du sens historique des mots, même si quand elle l’a fait elle n’a pu que constater : "Je parlais dans le vide".

 

Mais comment mieux dire aussi que les responsables catholiques sont vraiment à la traîne et non à la pointe de l’évolution contemporaine du couple et de la famille ?


CATHOLIQUES ET NOUVELLE SEXUALITÉ CONJUGALE


L’attitude des catholiques aux XIXe et XXe siècles

comme source des bouleversements du couple et de la sexualité conjugale


Quand le couple conjugal était un couple de raison fondé dans le but de la procréation d’enfants légitimes, la sexualité s’y réduisait au minimum, le rapport procréateur, et l’épouse peu intéressée acceptait de plus ou moins bon gré les pénétrations exigées.

Quand le couple se fonde sur l’amour et la sexualité, le plaisir devient jeu, et les jeux se multiplient. D’autant plus que, pour la majorité des personnes, la routine due à la durée de la liaison et à la répétition des actes se combat par la recherche de variété et de nouveauté.

À la fin du vingtième siècle, on voit donc la société dans son ensemble accepter l’idée que la sexualité du couple ne doit pas se limiter à la pénétration, mais intégrer tous les jeux sexuels jusqu’à peu réservés aux maisons closes ou aux prostituées. En l’an 2000, le médecin sexologue pouvait encore avoir des patients qui refusaient cette nouvelle donne. Comme cette épouse choquée  : «  Il m’a demandé ça à moi, la mère de ses enfants  ! Il n’a aucun respect pour moi  !  », à propos d’une demande de fellation. Ou ce mari  : «  Je respecte trop ma femme pour lui demander ça. – Mais alors, comment faites-vous  ? – Il y a des femmes pour ça  !  » C’est-à-dire que par respect pour sa femme ce mari attentionné avait recours aux prostituées pour les plaisirs hors pénétration vaginale qu’il aimait  !

Mais la plupart des couples ont réagi différemment. La revendication de mariage d’amour venait aussi du rejet de la solution qu’imposait le mariage de raison  : le plaisir se recherchait hors du couple, avec les courtisanes et les prostituées, les amants ou les maîtresses. Si l’on voulait vivre la sexualité entre conjoints, si l’on voulait, comme le conseillaient les défenseurs de l’évolution du mariage, faire de sa femme sa maîtresse ou de son mari, son amant, il fallait changer ses pratiques, jouer – et varier ses jeux.

Bien informés par les magazines, féminins notamment, les couples se sont alors mis à explorer, en plus des variantes de position, fellation, cunnilinctus, sodomie, yeux bandés, membres attachés, ceintures de chasteté, vibromasseurs ou godemichés, sadomasochisme, etc. Tout ce que le sexologue genevois Willy Pasini a qualifié de « porno soft ». Et qui est bien, de fait, l’importation dans le couple de ce qui se pratiquait couramment au bordel.

La sexualité conjugale a donc profondément changé. Et, par là-même, la perception de la sexualité par l’ensemble de la société. Autrefois, seuls des «  libertins  » s’autorisaient une sexualité de pur plaisir. Les «  gens bien  » distinguaient la sexualité «  honnête  » de la «  débauche  » et de la «  perversion  ». Mais au fur et à mesure de l’avancée vers la fin du vingtième siècle, tous les tabous sont tombés, l’un après l’autre, et la majorité des gens aujourd’hui considèrent comme normales, et intéressantes, des activités sexuelles qualifiées encore récemment de «  déviantes  ».

Mais, bien sûr, la société n’a jamais été parfaitement homogène, et il y a toujours eu des couples pour vivre une sexualité joueuse et diversifiée. Très curieusement, mais très logiquement, c’est parmi les couples catholiques fervents que l’on a les témoignages les plus précis  : quand l’un ou l’autre des membres du couple, ou les deux, aime la sexualité, si le couple n’est pas croyant, il n’a aucune réticence à recourir aux amants, aux maîtresses ou à la prostitution. Si le couple est très croyant, c’est entre conjoints qu’il cherche son épanouissement. Mais l’Église catholique est sévère sur ce qui est légitime, même dans le couple officiel  : le plaisir ne peut être lié qu’à un acte dont la finalité procréatrice n’est pas entravée  ! D’où les lettres de ces croyants à leurs directeurs de conscience, dans les années 1930, précieux témoignages pour connaître leur sexualité concrète  : quand ce qui les fait jouir n’est pas directement lié à l’acte procréateur, sont-ils dans le péché ou dans le réel de la sexualité  ? Les responsables ecclésiastiques n’imposent-ils pas une sexualité irréaliste  ? «  Le plaisir pour la femme peut-il indifféremment être donné par le mari à la femme ou par la femme elle-même  ?  » demande une épouse. Un mari explique  : «  Dans l’accomplissement de l’acte du mariage, ma femme n’éprouve aucune sensation. Il faut pour que cela soit une excitation prolongée avec la langue à la partie supérieure du vagin...  » C’est un vrai casse-tête d’essayer de concilier les possibilités de l’épouse et la règle catholique  : «  Ma femme doit-elle pourvoir elle-même (à son plaisir), et cela, avant ou pendant ou après l’acte conjugal  ?  » «  Car il faut admettre que pour elle (la jouissance) n’a rien à voir avec les joies conjugales, puisque son acte, elle le provoquera seule... Elle n’a pas besoin du mari (…) Peut-elle sans danger de faute agir indistinctement avant ou après l’acte conjugal, car il y a de certain qu’elle doit le provoquer elle-même.  »

Ce sont bien des comportements sexuels «  déviants  » selon la norme religieuse (masturbation, cunnilinctus, etc.) que ces fervents croyants pratiquent habituellement, au point même d’accuser leurs censeurs  : «  C’est un fait que vos lois provoquent des situations angoissantes. Je ne voudrais pas en avoir la responsabilité, car il me serait intolérable de savoir que je fais souffrir volontairement. Cela ne vous révolte pas d’être obligé de troubler des ménages qui seraient unis, tranquilles, sans votre (enseignement)  ? Et puis au fond, tout au fond de vous-même, vous n’y croyez certainement plus à ces prétendus devoirs…  » (D’après Martine Sevegrand, L’Amour en toutes lettres. Questions à l’abbé Viollet sur la sexualité (1924-1943), Albin Michel, 1996)

Ces croyants ont donc réellement participé à l’évolution des pratiques sexuelles conjugales en revendiquant l’épanouissement sexuel dans le couple amoureux.

Le mariage d’amour a longtemps été une chimère. Mais quand il a fini par s’imposer, il a profondément bouleversé, et de façon inattendue, les comportements sexuels de notre société. Et son évolution n’a pas fini d’avoir des répercussions, imprévisibles, sur notre vie privée comme sur notre vie sociale.

(Laurence Caron et Yves Ferroul, Le Mariage d’amour n’a que 100 ans, Odile Jacob, 2015.)


(Pour la responsabilité des catholiques dans la focalisation du couple sur l’enfant, et ses conséquences sur les revendications contemporaines, cf. p. 82-83 et 98-100).



PRÉSENTATION DU LIVRE PAR LES AUTEURS


Un homme peut-il aimer une femme  ? - Bien sûr que non  ! ont toujours répondu autrefois moralistes, médecins et religieux.


Pour que le couple fondé sur l’amour soit possible, il faut que soient remplies trois conditions  :


Or ces trois conditions n’ont commencé à être mises en place dans nos sociétés qu’au xixe siècle, et le mariage d’amour n’a pu apparaître qu’à cette époque, pour ne devenir prédominant que dans les années 1880-1890, avant de finir par se généraliser – mais sans jamais éliminer les autres motivations.

C’est ce que j’explique dans mon dernier ouvrage «  Le Mariage d’amour n’a que 100 ans  », coécrit avec Laurence Caron-Verschave.


Un homme peut-il aimer une femme  ?


Quand nous parlons aujourd’hui de l’amour d’un homme pour une femme, nous envisageons une relation à la fois affective et physique.

Dans l’Antiquité, la question ne se posait même pas. Grecs et Romains distinguaient l’amour sexuel, la passion érotique, de l’amitié. Ils n’imaginaient pas que les deux puissent être réunis dans la relation d’un homme avec une femme, à plus forte raison d’un mari avec son épouse  : «  Si j’ai envie d’avoir un rapport, je ne vais pas déranger ma femme au gynécée pour une chose aussi futile  », écrivait Plutarque, qui avait sous la main les esclaves, hommes ou femmes, qui lui permettaient d’assouvir ses besoins. Le même renchérissait  : «  j’affirme que ce que vous ressentez quand vous vous attachez à des femmes ou à des jeunes filles, ce n’est pas de l’amour. De même les nourrisseur et les cuisiniers n’ont pas d’affection pour les veaux et pour les volailles qu’ils engraissent  ». Pour Cicéron, l’amitié ne peut exister qu’entre hommes, et la sexualité avec l’épouse ne sert qu’à avoir des enfants légitimes. Pétri par cette culture antique, saint Augustin, vers 400, n’arrive pas à imaginer ce que Dieu veut dire quand la Genèse lui fait créer la femme «  pour être une aide qui soit accordée (à l’homme)  »  : physiquement, la femme est moins robuste qu’un autre homme, et pour le réconfort affectif «  combien plus agréable est la cohabitation de deux amis comparée à celle d’un homme et d’une femme  !  »

Montaigne est toujours convaincu que l’amour érotique n’a pas sa place dans le mariage, et qu’il faut distinguer l’amitié (avec un homme), de la sexualité (avec sa maîtresse) et de l’affection conjugale.

La différence de condition entre les hommes et les femmes rendait impossible à ces époques l’amour à la fois sexuel et affectif que nous visons aujourd’hui en créant nos couples. Non, un homme ne pouvait pas aimer une femme  !

Quant aux femmes, tout le monde était d’accord pour dire qu’elles n’avaient pas les capacités intellectuelles et morales qui leur permettraient d’aimer d’amitié un homme. Elles pouvaient désirer sexuellement, oui, mais pas aimer au sens moderne du terme.


L’amour d’une femme comme but de la vie d’un homme


On aurait bien fait rire Platon, César ou Cicéron en leur disant que leurs lointains descendants des xxe et xxie siècles se donneraient comme but dans la vie de rencontrer une femme qu’ils aimeraient, de vivre avec elle, de s’épanouir sexuellement avec elle, d’élever avec elle les enfants du couple, de l’avoir comme amie... Le service de l’État, la carrière, la fortune, le pouvoir ou encore la maîtrise morale, voilà les objectifs de vie d’un homme de l’Antiquité, pas la réussite de son couple  !

Pour les premiers héros, Hercule ou Samson, l’amour d’une femme est même lié à la perte de la virilité, si ce n’est à la mort. Les troubadours disent la même chose, comme Jacques Brel  : l’homme qui aime se dégrade au point de supplier de pouvoir devenir l’ombre du chien de la femme aimée  ! Quel but dans la vie  !


Les changements


Le premier à avoir réussi à imaginer l’amour conjugal est un romancier du xiiie siècle. Les romanciers du siècle précédent avaient plutôt montré qu’il était impossible d’associer vie amoureuse et réussite professionnelle (de guerrier, à l’époque), les deux exigeant trop de temps. Lui va réussir à bâtir une histoire où la femme partage la vie aventureuse de l’homme qu’elle aime, et finit par former avec lui un couple d’amis et d’amants bien plus solide et fort que le couple habituel du compagnonnage guerrier  : mariés, devenus parents, ils ne se sépareront plus et affronteront ensemble toutes les difficultés de la vie.

Mais c’est une fiction  ! Et vraiment isolée. Le système qui s’installe dans le monde réel est un mariage pour l’insertion sociale et la postérité légitime, la vie affective et sexuelle se vivant hors du couple conjugal, avec amants, maîtresses ou prostitué(e)s, ou entre hommes, entre amies. Il faudra attendre le xixe siècle pour que la condition des femmes change et que des hommes voient en elles leurs égales  ; que le bonheur individuel, l’épanouissement personnel, comprennent aussi la vie sexuelle  ; que des jeunes gens acquièrent une autonomie financière et se libèrent du joug parental pour pouvoir choisir librement qui épouser  ; etc.

Mais l’Église a peur que le couple amoureux donne trop de place à la sexualité de plaisir, et veut freiner le mouvement. Les médecins pensent toujours que la passion est une maladie de l’esprit, et ne peut être une base solide pour fonder une famille. Mais peu importent les oppositions, l’élan est donné, l’évolution est irrésistible  : hommes et femmes veulent des enfants et s’intégrer dans la société avec la personne qu’ils aiment et qu’ils désirent sexuellement, et ne plus vivre écartelés. Cet idéal est tellement séduisant qu’il finit par conquérir les homosexuels  : hommes et femmes, ils vont vouloir eux-aussi le vivre au lieu de devoir passer par le couple hétérosexuel afin d’avoir une vie sociale acceptée et les enfants qu’ils désirent.

Aujourd’hui le constat est mitigé  : oui, un homme peut aimer une femme  ; oui, une femme peut aimer un homme  ; oui, le but d’une vie réussie peut être le couple conjugal, amical et sexuel. La certitude de nos prédécesseurs pendant plusieurs millénaires a volé en poussière  ! Pour les homosexuels, il n’y avait pas à changer, car on avait toujours été convaincu que deux hommes ou deux femmes pouvaient s’aimer, ils étaient assortis. Mais d’autres problèmes ont surgi, et les couples d’aujourd’hui et de demain ne peuvent et ne pourront se complaire dans une situation béatement idéale. Un couple qui s’aime, nos sociétés en ont rêvé, nous l’avons réalisé  : mais l’amour est chose fragile, et le faire vivre dans la durée n’est pas évident.

Grâce aux conquêtes des générations passées, les hommes et les femmes d’aujourd’hui ont un choix de vies plus ouvert que leurs prédécesseurs. Mais avoir plus de choix, pouvoir vivre le couple amoureux, ne garantit pas à coup sûr la réussite de sa vie et le bonheur sans fin.

Aujourd’hui comme hier, femmes et hommes ont à faire preuve d’inventivité et de générosité pour se construire le couple auquel ils aspirent.

  

" UN LIVRE

PLUS DANGEREUX POUR L'HONNEUR DE L'ÉGLISE

QUE LES ACCUSATIONS RÉCURRENTES

DE COMPLICITÉ AVEC LE NAZISME FAITES A PIE XII "


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